Saturday, July 29, 2006

Subway vs. McDonald's



Nel poco tempo in cui sono stato qui finora non ho visto, a dire il vero, molti fast food tipo McDonald’s, Burger King, ecc. Certo non ho ancora girato moltissimo, ma ad ogni modo direi che questo non è un male. Però nei primi due giorni in cui sono stato alla UIC, mentre scoprivo un modo per procurarmi il cibo, ho ceduto alla tentazione. Il primo giorno sono stato da Subway e il secondo da McDonald’s. E ho fatto un’interessante scoperta. Tra gli avventori di McDonald’s presenti all’interno dell’esercizio alle ore 13, in centro (State St), circa il 90% erano African-American, qualcuno di origine ispanica e solo una minima parte erano bianchi (io, una ragazza che indossava un camice ospedaliero e uno yuppie in giacca e cravatta). Totalmente rovesciata la situazione da Subway, a pochi metri di distanza, il giorno prima, alla stessa ora. Nel locale nessun African-American e nessun ispanico, nettissima prevalenza di bianchi, donne e uomini, anche loro vagamente yuppie. Per il resto qualche persona di origina asiatica (una ragazza probabilmente di origini coreane, un uomo forse pakistano e pochi altri). La cosa mi ha colpito molto perché mi è sembrata una sorta di ghettizzazione anche a livello alimentare a cui non sono abituato. Per maggiore chiarezza dirò che Subway è una catena che ha come proprietario la Doctor's Associates e che fa panini che contengono una grande quantità di verdure e dal basso contenuto calorico se confrontati con i panini di Burger King o McDonald’s. Insomma, un posto un po’ più per "salutisti". Attendo i vostri pareri per l’analisi sociologica.

9 comments:

Anonymous said...

ah ste'! ma analisi sociologgica de che? ma magnate 'r panino e bbasta!

scusa, ho dato libero sfogo alla qualunquista che è in me. che per strani motivi parla in romanesco.

scherzi a parte, non ho studiato la scena dei fast food americani da un punto di vista sociologico. ma devo dire che ho sempre guardato con grande diffidenza i luoghi comuni e i dogmi del politically correct che spesso rischiano di diventare forme di razzismo al contrario.
durante i mondiali di calcio, non so perché, ho cominciato a leggere i blog del guardian. c'era un sacco di gente che accusava la squadra italiana (e la nazione italiana in genere) di razzismo, perché composta da tutti bianchi. la cosa assurda era che spesso questi commenti erano conditi da deliri razzisti nei confronti degli italiani (la corruzione ce l'hanno nel dna, una nazione di imbroglioni, ecc). quando qualcuno ha fatto notare ai più fanatici che non si può accusare di razzismo qualcuno con commenti razzisti, uno dei più facinorosi ha risposto che non si può definire razzismo un atteggiamento ostile nei confronti degli italiani "because they're white caucasians".

insomma, il motivo per cui ci fossero solo bianchi da subway quando ci sei andato tu non lo so. magari hanno le svastiche in cucina e i poster di calderoli nel cesso. ma magari è semplicemente una moda culturale, magari sono i neri a snobbare subway e non subway a snobbare i neri.

con questo non voglio certo dire che il razzismo non esista in italia (basta prendere un treno mezzo pubblico qualsiasi per rendersi conto che non è così) o che l'america sia un paradiso interrazziale. discorso complesso da fare in un blog, appena sveglia (sì, a quest'ora!). magari lo approfondiamo dal vivo quando mi vieni a trovare a roma.

ma insomma, quello che penso io, visto che parlavi di ghettizzazione, può anche essere una forma deliberata di autoghettizzazione. o una scelta culturale ben precisa. può darsi che un afroamericano (tanto per essere politically correct) medio non entri da subway perché è un posto da fighetti bianchi e se lo sapessero i suoi amici lo prenderebbero per il culo fino alla nausea. il vero razzismo e la vera libertà interrazziale, religiosa, sessuale, ci sarà quando non ci meraviglieremo di trovare o di non trovare persone appartenenti a una categoria, a un sesso, a un'etnia da qualche parte o a svolgere una qualche funzione. quando non vedremo bianchi, neri, asiatici, uomini, donne, ecc. ma solo persone.

ma quel giorno è lontano perché la lotta contro i luoghi comuni e i pregiudizi è lunga è più subdola di quanto si immagini, visto che si sconfiggono i vecchi pregiudizi spesso non aprendo la mente, ma semplicemente sostituendoli con dei nuovi.

un baciotto

Anonymous said...

si vede che sono appena sveglia e in stato confusionale. ovviamente quando dico "il vero razzismo ci sarà" intendevo dire "il vero antirazzismo ci sarà"

Edward Phelan said...

beh, in fondo questa che hai fatto è gia' un abbozzo di analisi. Qui negli USA la categorizzazione è molto più presente che da noi. Fa parte dell'eredità storica (fin dai tempi del puritanesimo) il fatto di suddividersi in comunità. Possono essere le diverse chiese (o denominazioni come si usa chiamarle ora), i gruppi etnici, il quartiere (ghetto?) gay, ecc. Vivere dentro una comunità che ha le sue regole, i suoi svaghi, le proprie forme di espressione, ecc. offre certamente un senso di sicurezza e di accettazione, ma il pericolo è proprio quello dell'autoghettizzazione.

Anonymous said...

lo so, infatti. ed essere completamente deraciné è faticosissimo, oltre che impossibile. ma questo eccessivo senso della comunità che c'è in america, questa parcellizzazione dell'essere non mi pare sana, mi è sempre sembrato un modo di assecondare e nutrire le paure, più che di superarle. l'amore, l'affetto, il calore di un gruppo (famiglia, amici, compagni di strada politici, culturali ecc) ci devono aiutare a vedere noi stessi e gli altri come persone. e quando dico persone dico universi immesi. le categorizzazioni sono rassicuranti perché ci danno l'illusione di conoscere noi stessi e il mondo. ma è un'illusione, appunto. ogni persona è un mondo infinito che è molto di più della somma delle sue parti (colore della pelle, provenienza, preferenze sessuali, scelte politiche, studi fatti, musica che ascolta, ecc). decidere di approcciarsi agli altri (e anche a noi stessi) in questo modo è faticosissimo, è faticoso navigare senza punti di riferimento. ma è l'unico modo in cui io personalmente mi sento di navigare, per questo spesso rimango ferma al porto. perché so che non ho la forza di intraprendere il viaggio perché è complicato, perché siamo tutti uncharted territories.

Anonymous said...

Ho scoperto Subway di recente a Londra, e credevo fosse solo una cosa locale.
Ti dirò che lo ho preferito al vecchio Mc.

Edward Phelan said...

@featheryca: posso dirti che sei semplicemente meravigliosa, Fede? Mi hai lasciato senza fiato... Sento anch'io che a volte rimango ancorato al porto e poi, improvvsamente, faccio qualche fuga a vele spiegate e mi godo la brezza del mare. Spero che il navigare libero diventi sempre più attraente e più facile... Un abbraccio fortissimo.

@Guppie: Ok, ok, un abbraccio anche a te :) Allora, sei tornato dalle peregrinazioni per tutta Europa? Riguardo a Subway, no, non è una cosa locale londinese. Anzi è una catena americana. Anch'io comunque lo preferisco a Mc. È più vario, più fresco, più leggero.

Anonymous said...

Aiuto, ma io vi adoro...come si fa per frequentarvi ?

Edward Phelan said...

Hehe, beh, noi ci vediamo al prossimo moot, no? Guppie, pure lui, potrebbe venire al gay moot di Lecco, tanto è di Milano e quindi non dista molto. Prova a proporglielo, lo trovi qui: http://guppie.splinder.com/. L'impareggiabile Featheryca, invece, lei sta a Roma. Beata lei e purtroppo per me, che la vedo troppo raramente, e per te che avrai più difficoltà a frequentarla...

Anonymous said...

Certo che sedersi nel posto dove dieci minuti prima se ne stava seduto un ispanico o un nero...no, mi dispiace, ma se vado all'estero da oggi mangio al Subway!