Sunday, March 05, 2006

Il mare



Ed è qualcosa da cui non puoi scappare. Il mare.
Il mare incanta, il mare uccide, commuove, spaventa, fa anche ridere, alle volte, sparisce, ogni tanto, si traveste da lago, oppure costruisce tempeste, divora navi, regala richezze, non dà risposte, è saggio, è dolce, è potente, è imprevedibile.
Ma soprattutto: il mare chiama.
Non fa altro, in fondo, che questo: chiama
Non smette mai, ti entra dentro, ce l'hai addosso, è te che vuole.
Puoi anche far finta di niente, ma non serve.
Continuerà a chiamarti.
Questo mare che vedi e tutti gli altri che non vedrai, ma che ci saranno, sempre, in agguato, pazienti, un passo oltre la tua vita.
Instancabilmente, li sentirai chiamare.
Senza spiegare nulla, senza dirti dove, ci sarà sempre un mare, che ti chiamerà.

(Alessandro Baricco da Oceano Mare)

Grazie, Hobbes, per questo regalo...

5 comments:

Anonymous said...

Uno dei miei sogni-incubi ricorrenti è sguazzare in un mare sempre più agitato e vedere arrivare un'enorme, altissima onda pronta a travolgermi. Sento la paura che mi assale ma non affogo mai; passata l'onda, sono di nuovo felice. E ora spazio agli eventuali psicanalisti in ascolto ;-)

Edward Phelan said...

Un ragazzo molto speciale mi ha "regalato" (sì, Hobbes, sono Mr. Virgolettino :-)) questo brano di Baricco, che io non conoscevo (perché non ho mai letto nessuno dei suoi romanzi). Lo ha fatto perché io gli avevo parlato della mia passione per il mare. Gli raccontavo che il mio rapporto con il mare forse dipende dalla mia passione per l'acqua (chissà, sarà l'essere un pesci con ascendente acquario che ha un suo peso) o forse dai ricordi d'infanzia. Quando ero piccolo, alla scuola materna mi ammalavo spessissimo. Questo era dovuto in parte al contatto quotidiano con così tanti bambini, in parte al fatto che c'erano incredibili sbalzi di temperatura, le suore malefiche ci facevano dormire sui banchini, ecc. Così mi sono beccato bronchiti e broncopolmoniti. Una delle cose che mi erano state consigliate era il mare d'inverno e così, poiché mio fratello in quel periodo lavorava e viveva a San Vincenzo, in Toscana, mia madre ed io lo raggiungemmo là e io rimasi in quel posto per tre mesi. È una delle poche cose che ricordo della mia infanzia, tra i tre e i cinque anni. Ricordo che camminavo col mio cappottino sulla spiaggia deserta e spazzata dal vento, vedevo le onde spumeggianti che si frangevano sulle rocce del frangiflutti e le barche a riposo. Trovai delle macchinine e delle motorette di metallo nella sabbia. Ogni giorno guardavo i cartoni animati con la padrona di casa, che abitava nell'appartamento di fianco al nostro ed era una signora molto anziana. E poi andavo con mia mamma a fare la spesa e percorrevamo una strada che due anni fa, tornando a San Vincenzo, ho riconosciuto. E ricordo che compravamo questo formaggio acido, spalmabile, che era in un vasetto e che mi piaceva molto. Inoltre, abitando a Bergamo, non è che il mare possa vederlo ogni giorno. Così ogni volta è come una sorpresa, un regalo prezioso e da assaporare. Non avete mai avuto la sensazione di una bellezza assoluta di fronte al mare, quando è sera, o inverno o quando si è in un posto dove gli schiamazzi non disturbano e allora si è a tu per tu con il mare e si ascolta la sua voce e il suo respiro? Il mare è una creatura viva. La sua voce è quella di un fragore diffuso, che è al tempo stesso il silenzio delle profondità. E il suo respiro è quella brezza leggera che ti entra dentro, che ti muove i capelli, che ti asciuga la pelle sudata o bagnata, che ti solletica l'orecchio come il soffio di un amante. Quando ti trovi di fronte al mare sei al cospetto di qualcosa di così enormemente grande. È la potenza e la bellezza della natura, immensa, che il tuo sguardo non riesce ad abbracciare e dominare completamente. Io mi sento tanto piccolo eppure non mi sento inutile di fronte al mare. Mi sento libero, perché ho l'impressione che ci siano confini oltre i quali si può andare, con la mente e con il cuore...

Edward Phelan said...

@mllemm: Io ho avuto per anni due incubi ricorrenti, che però ora non mi tormentano più. Il primo è in qualche modo legato alla mia paura delle altezze (o più propriamente dei balconi et similia, perché non ne soffro quando sono in aereo, per esempio). Sono sul tetto di una casa e ad un certo punto scivolo sulle tegole e rimango appeso alla grondaia. Tento disperatamente di resistere, chiamo aiuto, ma alla fine mi mancano le forze e cado. In quel momento mi sveglio perché ho la sensazione di cadere dal letto. Il secondo incubo, terribile, mi vede impegnato nel tentativo di salvare da un incendio i miei quattro nipoti. Davvero un incubo orribile. Anche qui gli psicanalisti possono sbizzarrirsi.

Anonymous said...

visto che dal mare si è passati ai sogni ne approfitto per raccontare al pool di psicanalisti che frequentano la città di vetro un mio sogno ricorrente, che però ora non faccio da un po': sono in grado di camminare sollevata da terra, su una sorta di cuscinetto d'aria. ma il mondo attorno a me non sembra approvare. e io non capisco se significa:
1) che non ho i piedi per terra e la gente attorno a me cioè il mio superio (o super 10 come disse una tizia a un esame di psicologia, ma questa è un'altra storia...) mi vorrebbe più concreta;
2) che dovrei essere più leggera e sbarazzarmi della zavorra del giudizio altrui;
3)o forse significa un po' tutte e due le cose insieme?

Edward Phelan said...

@featheryca: da inguaribile sognatore, mi piace pensare che l'interpretazione corretta sia la seconda :-)

Per quanto riguarda gli strafalcioni agli esami... una studentessa ad un esame di storia e critica del cinema con sicurezza notevole affermava di aver visto il film "8.30" di Fellini (e perché non un quarto alle 9??). E un'altra studentessa, all'esame di storia dell'arte moderna (dove però il corso monografico sull'erotismo arrivava fino ai giorni nostri) alla domanda: "Come definirebbe lo stile di Lucian Freud?" ha candidamente risposto: "psicanalitico".

Sentite con le mie orecchie!!