La città di vetro è uno spazio d'incontro e uno spazio per la solitudine. È il luogo della chiacchiera giocosa e della riflessione intimista. È rete e isola, è città e deserto. È un mondo per chi ama le tecnologie, ma anche l'immersione nella natura incontaminata. Luogo e non-luogo dove esprimere se stessi.
Ieri sera, costretto a guardare controvoglia "Il ballo delle debuttanti", sono rimasto letteralmente basito nell'udire una delle più grandi castronerie che mi sia capitato di sentire ultimamente. Il fatto è che di solito escono dalla bocca di politici e veline (se poi si tratta di politici-veline va da sé quali siano i risultati). Ma questa volta non è stato così. La colpevole è tale Patrizia Barsotti, esperta di comunicazione (così dice la didascalia che appare sotto la sua immagine quando la inquadrano) e accanita sostenitrice della squadra delle "chic" (???). La signora Barsotti ha affermato che la tradizione è tradizione e deve rimanere tale, quindi "non può essere reinterpretata". E in proposito cita la Gioconda di Leonardo. Non sia mai che la Gioconda di Leonardo sia stata/possa essere reinterpretata... A parte il fatto che un'esperta di comunicazione dovrebbe sapere che dire "la tradizione è tradizione" è tautologico e non comunica nulla tranne il dogmatismo della persona che parla. Men che meno definisce che cosa sia la tradizione. Bella cosa sbandierare un "valore" di cui non si sa nemmeno spiegare il significato. Secondo. L'esempio di Leonardo non poteva essere più sbagliato. Per prima cosa perché Leonardo è stato rivoluzionario in tutti i campi in cui ha lavorato (come giustamente ha fatto notare un ballerino) e, quindi ha rispettato sì la tradizione per certi aspetti, ma ha saputo anche innovare. In secondo luogo perché proprio della Gioconda esistono almeno due illustri esempi di reinterpretazione da parte di Duchamp e Dalì (che, nel caso alla signora Barsotti sia sfuggito, non sono esattamente due sconosciuti nel campo dell'arte).
A sinistra: Marcel Duchamp, "LHOOQ" (1919)
A destra: Salvador Dalì, "Autoritratto con le sembianze della Gioconda"
Per altri esempi di reinterpretazioni della Gioconda da parte di Magritte, Warhol, Botero si veda questo sito.
E che dire delle reinterpretazioni fatte dai grandi registi di teatro (Peter Brooke, Bob Wilson, Nekrosius) dei drammi "classici" di Cechov, Shakespeare, ecc. Mmmm, brutti cattivi e distruttori della tradizione, vero? Infine, vorrei riportare qualcosa che è scritto perfino su Wikipedia e cioè che "[d]agli anni ottanta, dal punto di vista scientifico, si tende a criticare il concetto di tradizione, per mettere in evidenza il fatto che la cultura è situata nell'individuo, ed ogni volta che vi è un passaggio di tratti culturali avviene necessariamente una rielaborazione. In quest'ottica la tradizione viene vista più come un elemento retoricoutilizzato da gruppi di individui per rafforzare una propria identità collettiva, in particolare per essere utilizzata in contrasti con altri gruppi sociali" (e, vorrei aggiungere, per escludere qualcuno - il diverso da un punto di vista etnico, religioso, sessuale, ecc. - da tali gruppi sociali.
Il rispetto della tradizione va bene, purché non diventi un culto. Non bisogna dimenticare che si tratta pur sempre di qualcosa di dinamico (non necessariamente in senso evolutivo). A parer mio la tradizione non dovrebbe essere idolatrata, né trasformata in un monumento. E va benissimo reinterpretarla. Reinterpretazione e riproposizione secondo le modalità convenzionali non sono mutuamente esclusive; non sono una giusta e l'altra sbagliata. Sono solo due forme di espressione differenti e una mente aperta e tollerante se ne dovrebbe accorgere (anche se poi può benissimo preferire una o l'altra).
Mi dispiace, la prova non è superata, signora Barsotti.
Dopo una lotta all'ultimo sangue, oggi sono riuscito ad averla vinta sull'asse del male: router wireless+notebook con scheda wi-fi. Ora navigo allegramente (e scrivo questo post) dal mio portatile dopo giorni di inc******re. E sono soddisfazioni!!
E come se non bastasse navigo standomene bellamente sdraiato sul mio letto, dove mi sto prendendo cura del mio "piedino" convalescente. E sono doppiamente delle soddisfazioni!!
Sto ascoltando: Daniele Silvestri, "L'uomo col megafono"
A volte non c'è come vivere temporaneamente una situazione per rendersi conto dei problemi di persone che (troppo) spesso rimangono invisibili (i problemi e le persone) agli occhi degli altri.
Sto ascoltando: A Perfect Circle, "Weak and Powerless"
Ammissioni ai college e ricerca di personale si adeguano ai tempi. Un cacciatore di teste su 5 guarda i profili online dei candidati. Gli strumenti nati per condividere vengono usati per reperire informazioni imbarazzanti.
di MAURO MUNAFO' - La Repubblica.it (20.09.2008)
SE AVETE un profilo su Facebook o su MySpace state allerta: la pagina che avete aperto per rimanere in contatto con i vostri amici o per conoscere nuove persone potrebbe rivoltarsi contro di voi. Le ricerche pubblicate in questi giorni negli Stati Uniti e in Inghilterra parlano chiaro: i social network sono una delle fonti di informazioni preferite dai responsabili delle assunzioni nelle aziende e dai selezionatori nei college.
Ad evidenziare il nuovo trend ci ha pensato per prima una ricerca di CareerBuilder.com, agenzia specializzata nel reclutamento. Secondo lo studio, condotto su 31 mila "cacciatori di teste", il 22% degli intervistati ha ammesso di controllare il profilo online dei candidati, mentre un altro 9% intende farlo in futuro. Un dato confermato anche dalla ricerca inglese di Personnel Today, condotta su 220 responsabili delle risorse umane, in cui un intervistato su 4 ha dichiarato di dare una "sbirciata" alle pagine personali prima di assumere una persona, alla ricerca di quei particolari che nessuno si sognerebbe di confessare in un colloquio.
Dal vigile occhio della rete (sociale) insomma non si scappa. Se fino a qualche anno fa i selezionatori si limitavano a digitare il nome del candidato sui motori di ricerca, sperando che dal mare magnum di internet spuntasse fuori qualcosa di rilevante, adesso hanno un'arma molto più potente e invasiva. Difficile credere che nel 2008 una persona in cerca di lavoro, e quindi presumibilmente tra i 20 e i 30 anni, non abbia un blog (3 milioni di italiani ne hanno uno) o un account su Facebook o MySpace (4 milioni di italiani sono iscritti ai social network). Di più, se dalle ricerche non risulta nulla, è possibile che sorgano dubbi sulla capacità del candidato di socializzare e, di certo, nessuna azienda vuole misantropi tra le sue fila.
Gli stessi rischi di chi cerca lavoro devono essere affrontati anche dai neo-diplomati di oltre oceano. Una ricerca citata dal Wall Street Journal mostra che nei 500 più prestigiosi college americani, il 10% degli addetti alle ammissioni usa i social network per reperire informazioni aggiuntive sulle aspiranti matricole, una ricerca che si fa ancora più approfondita in caso di assegnazione di borse di studio.
Ma cosa cercano esattamente questi "curiosi autorizzati"? Secondo CareerBuilder le informazioni più desiderate sono quelle sull'abuso di alcol e droga, magari corredate da foto o video compromettenti. Seguono la capacità di comunicazione e l'adeguatezza al ruolo, ma anche i collegamenti ad attività criminali e le rivelazioni sui passati impieghi stuzzicano la curiosità dei cacciatori di teste.
La consapevolezza di queste meccaniche genera però una serie di controffensive sempre più originali. Il candidato ad un posto in azienda provvederà ad eliminare dal suo profilo ogni commento sconveniente, evitando di partecipare a gruppi che possono spaventare i datori di lavoro e magari si iscriverà a LinkedIn, il social network pensato per gestire con professionalità i contatti di lavoro.
Si va ancora oltre nelle scuole superiori a stelle e strisce, dove i tutor arrivano a consigliare agli studenti di non mettere online nulla che non vorrebbero "venisse visto dalla nonna", finendo così per alimentare una vera e propria ondata di conformismo multimediale: l'aspirante matricola starà bene attenta a scegliere le sue letture preferite (meglio Kant dei fumetti Marvel), arrivando persino a rinnegare amicizie storiche con persone un po' troppo alternative per i severi giudici di Yale e Princeton. Una fine paradossale per quegli strumenti come Facebook, nati tra le mura di un college per essere usati dagli studenti e non contro di loro.
Negli ultimi anni, le serie tv americane sono state protagoniste assolute della programmazione televisiva, in Italia ma non solo, incontrando un grande successo di pubblico e ottenendo riconoscimenti da parte della critica. Più del cinema, queste serie Tv hanno saputo rappresentare i difetti della società contemporanea, creando un linguaggio nuovo e facendo esplodere personaggi che sono ormai entrati a pieno titolo nel nostro immaginario.
In questo numero monografico la redazione di ÁCOMA offre una panoramica di approfondimenti sulle serie che più hanno segnato la nostra quotidianità negli ultimi anni.
La spregiudicata Manhattan di Will & Grace e Sex and the City, le scene del crimine CSI e 24, le sale operatorie di ER, Dr. House e Grey’s Anatomy, l’isola di Lost, i dissestati nuclei domestici di Six Feet Under, Simpson e Soprano, il raffinato pianeta omosessuale di L-Word si mostrano, attraverso l’analisi, nella loro qualità di finzioni narrative aperte al magmatico divenire del presente: sismografi in grado di rappresentare le tensioni culturali e le contraddizioni politiche dell’America di oggi.
"Su richiesta di RaiNet", YouTube ha cancellato il video tratto da AnnoZero in cui Giuseppe La Venia denunciava gravissimi fatti sull'informazione in Sicilia. Ma se youtube è un sito centralizzato e controllabile, e deve rendere conto a chi detiene il copyright sulle immagini (e a chi gli chiede di farne uso) nessuno, eccetto lo stesso giornalista, può impedirmi di postare qui le sue parole semplici, chiare e dirette; ed eccovele, dunque, sbobinate apposta per voi. Vi prego di copiare e incollare questo post, compresa la presente introduzione, nei vostri blog, e a incitare i vostri amici a fare la stessa cosa, perché questo pezzo si diffonda e si moltiplichi in maniera non più controllabile. Ovviamente la mia iniziativa non è stata in alcun modo sollecitata dal giornalista, ma dal semplice desiderio di giustizia, perché quando dei giornalisti vengono ridotti al silenzio, siamo tutti a rimetterci, e nessuno meglio di un blogger può aiutare a rompere quel muro.
Giuseppe La Venia denuncia ad AnnoZero il monopolio di Mario Ciancio Sanfilippo
"Sento sempre parlare del sistema informativo nazionale, il monopolio, si spara su Berlusconi, ma mi sembra che a livello locale nessuno focalizzi... invece ci sono tanti monopoli, tanti casi da analizzare: io e dieci miei colleghi abbiamo perso il posto di lavoro per mantenere la nostra libertà, la libertà di scrivere, di pensare, di raccontare ciò che vedevamo. E ci abbiamo rimesso il posto di lavoro senza che nessuno abbia detto nulla. "L'editore si chiama Mario Ciancio Sanfilippo, lo sanno tutti ma nessuno lo dice, è il più importante editore siciliano, uno dei più importanti editori italiani, possiede il principale quotidiano a Catania e ha le principali emittenti siciliane. "È stato lui a licenziarci, perché noi continuavamo a pensare con la nostra testa, volevamo raccontare la Sicilia, forse in maniera diversa rispetto a quello che fanno gli altri colleghi. Avevamo una storia e un modo di raccontare, quel gruppo storico dell'emittente, che evidentemente non andava bene. E allora l'editore ha detto che c'erano problemi economici che andavano risanati. Per risanarli si è aperta una lunga trattativa, eravamo disposti anche a rinunciare a due mesi di stipendio, ci ha detto che tutto ciò non bastava, siamo stati licenziati. "L'azienda non è fallita, aveva due milioni di attivo in bilancio, e a distanza di alcuni mesi dai nostri licenziamenti sono state assunte altre persone. Un'interpellanza parlamentare chiedeva spiegazioni e il Sottosegretario alle Telecomunicazioni ha detto che secondo il Prefetto di Catania i motivi del licenziamento non erano affatto economici. Spiegateci perché ci hanno licenziati. "Dopo l'episodio non sono più riuscito a lavorare in Sicilia. Io oggi lavoro a RaiUno, alla trasmissione La Vita in Diretta, alla quale avevo mandato un curriculum come ho fatto per le altre testate siciliane. In Sicilia nessuno mi ha detto che potevo continuare a lavorare, a RaiUno mi hanno detto di sì, con un contratto stagionale ma lavoro. "Se succedesse in una qualsiasi altra città, probabilmente si aprirebbe un caso: a Catania questo editore ha le principali televisioni, i giornali, le principali emittenti radiofoniche. Succede una cosa molto strana... 'La Repubblica' ha un'edizione siciliana, che stampa a Catania, negli stabilimenti di questo editore. Il giornale a mezzanotte dopo essere stato stampato viene portato via, viene caricato nei furgoni, viene portato via, l'indomani alle sette del mattino in edicola non trovo l'edizione di 'La Repubblica', l'edizione siciliana non c'è. "Perché? Perché il monopolio funziona se non c'è un'altra voce, altrimenti non è monopolio. Trovi solo il giornale locale, poi trovi Repubblica, ma nazionale, non l'edizione locale."
Ah, ecco un nuovo link del video, ovviamente potrebbe fare la stessa fine del primo, ma a noi non importa più, vero?
Bergamo 15 maggio 2008 UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BERGAMO Piazza Rosate n. 2, Aula 1
PROGRAMMA
Ore 10.30: Introduce e presiede Mario Corona (Università di Bergamo - Coordinatore del Centro ZEBRA)
Francisco Ortega (Universidade do Estado do Rio de Janeiro) The Cerebral Subject in Popular Culture
Pietro Barbetta (Università di Bergamo) Frammenti
Ore 15.00: Introduce e presiede Valeria Gennero (Università di Bergamo)
Donatella Izzo (Università di Napoli "L'Orientale") “How the Brain Talks”: Neuroscienze e calligrafia in The Fourth Treasure di Todd Shimoda Francesco Ronzon (Politecnico di Milano, Accademia di Belle Arti G. B. Cignaroli, Verona) Cervelli, identità di genere ed etnografia della scienza
Enrico Giannetto (Università di Bergamo) Verso una decostruzione del determinismo genetico e neuro-biologico
Discussione
Partecipano:
Antonello Borra (Università del Vermont) Liana Borghi (Università di Firenze) Cristina Bracchi (Università di Torino) Elisabetta Galeotti (Università del Piemonte Orientale) Barbara Lanati (Università di Torino) Marco Pustianaz (Università del Piemonte Orientale) Massimo Salgaro (Università di Verona) I colleghi dell’Università di Bergamo e i dottorandi della Scuola di Dottorato in Scienze Letterarie dell’Università di Bergamo.
Università degli Studi di Bergamo
ZEBRA Centro di Studi sui Linguaggi delle Identità
Comitato organizzatore: Mario Corona Valeria Gennero Stefano Rosso
"And then I look at Saul, who has missed his life entirely. And I realize how lucky I am. Because I get to come home to someone who is kind and caring, and who changes the light bulbs. And... marry me." "What?" "I mean it. I don't wanna wait, I don't wanna... I wanna make this official." "Because I changed the light bulbs?" "No... whoa... yeah, kind of... because, Scotty, that's who you are. I'm completely, completely in love with you. I even love the things about you that I hate, because you make me feel like I don't have to be anyone other than who I am. And to me that feels like family, and that's what I want us to be: I want us to be a family, because that never ends... I'm doing this all wrong. (Kneeling) Scotty, I am asking you... will you, please, marry me?" "Yes. Yes, Kevin, I'll marry you."
Saint Laurent primavera-estate 2023
-
“Quante altre volte guarderete levarsi la luna? Forse venti. Eppure tutto
sembra senza limite”, scriveva Paul Bowles ne Il tè nel deserto. Lo stesso
che co...
Damn, I Wish I Was Your Lover
-
[Lo sai, sono felice per voi,]
scrive adesso.
[No. Per te. Che me ne frega di lui. Però, no, davvero. Sul serio, dico,
per quanto io possa essere rompicogli...
Bruce Springtsteen: Born to Run, l'autobiografia
-
il manifesto 5 ottobre 2016 “Le parole vorticavano impetuose come una
tempesta, schiantandosi l’una contro l’altra senza ritegno”: è Bruce
Springsteen che ...
Houston, non c'è nessun problema!
-
Finalmente un bel libro. Ben scritto e ben strutturato, “*Goditi il
problema*” di *Sebastiano Mauri* (Rizzoli 2012, pp. 306, € 17,00) racconta
la storia ...
Giuliano, a che gioco giochiamo?
-
Prima mi ero entusiasmato a leggere i titoli e le dichiarazioni, poi mi
sono insospettito, quando ho sentito en passent quella piccola noticina,
infine mi ...
Microsoft Headed to NYC
-
John C Dvorak – Tech 5 Google Chrome under attack by critics. Operation
payback cripples MasterCard site. Wikileaks cannot be stopped say the
experts. Will...
Quelli che…
-
1. Quelli che… siete ibradipendenti. 2. Quelli che… Milito è poco adatto a
una grande squadra. 3. Quelli che… dopo Natale sarete in zona Uefa. 4.
Quelli ch...
Fiocco spampanato in casa omfaloscopia
-
Oggi esce lui:
E' praticamente figlio di Omfaloscopia (ci perdonerà la Feather), perché
frutto di una cooperazione tra Omfa2, il primigenio ghost-writer d...
famiglia - family (scroll down for English)
-
La convivente di Fini dice
«Ci siamo accorti che ci capivamo al volo. Quando nascerà la bimba, saremo
una famiglia».
Cosa!? no! non possiamo permetterlo! n...